La rete è a rischio censura. A rivelarlo l’inventore dell’attuale paradigma di ricerca Sergey Brin, co-fondatore di Google, dalle pagine del quotidiano britannico The Guardian. Un’intervista spiazzante, il libero accesso al web sarebbe in pericolo e con esso il motore ideologico della rivoluzione hi-tech degli anni 90′. Internet nelle maglie di governi, grandi lobby e compagnie.
E Google? Dalla Cina all’Iran sarebbero molti gli esempi di restrizioni imposte agli utenti da parte di preponderanti fattori esterni. “In tutto il mondo, esistono forze molto potenti che si sono allineate su più fronti contro la Rete libera – afferma Brin – Sono più preoccupato ora che in passato. È spaventoso“. Primo limite alla circolazione e condivisione dei contenuti sarebbero proprio i governi. Sopratutto quelli non democratici. E non solo. Oltre alla grande muraglia digitale di un potere politico repressivo, già reso noto dall’organizzazione internazionale Reporters Sans Frontieres (RSF), c’è quella delle lobby.
I colossi dell’intrattenimento hanno dato luogo a una battaglia senza quartieri contro la condivisione illegale di file, grazie al supporto di un potere governativo compiacente (vedasi i disegni di legge SOPA, CISPA o il trattato ACTA). È poi il turno dei feudi digitali. Chi sarebbero? Apple e Facebook in testa, piattaforme che somigliano a recinti dove raccogliere, baloccando, milioni di utenti sotto un controllo completo delle loro attività (ovvero remunerativi dati personali). I cosiddetti walled garden. Emerge però una visione affatto disinteressata nei confronti del social network di Mark Zuckerberg. “Con tutte queste regole, l’innovazione rischia di essere limitata“. E la ragione sarebbe chiara, nell’interpretazione di Brin: “C’è tanto da perdere con i sistemi recintati. Ad esempio, tutte le informazioni contenute nelle applicazioni. Questi dati non sono rintracciabili dai crawler del web. E quindi l’utente non li può cercare”.
I recinti non vanno bene perché Google non riesce a indicizzarne i preziosi dati contenuti, non riesce cioè a farne un altro enorme, lucrativo profitto. Insomma, Brin che si lamenta della censura applicata alla rete lancia un allarme più per le sue casse che per il diritto all’illuministico precetto del libero scambio di idee e opinioni. Il controllo dei governi, le lobby e i walled garden visti nella lettura di Brin sono, in prima istanza, un vincolo all’impero egemonico della sua creatura. Vero unico grande limite e attentato alla nostra libertà. Se non la pensi come me, facci sentire la tua voce, commenta.