Il numero di comunicazioni che passano da Facebook rappresenta ormai un aspetto inalienabile nella vita di milioni di persone, uno spazio informale dove spesso ci si abbandona a offese, se non a un vero e proprio turpiloquio. Ma questo contesto è da considerarsi pubblico o privato? E dal punto di vista legale come sono valutate le comunicazioni inoltrate?
È una questione controversa. Pochi mesi fa una donna che aveva criticato il proprio datore di lavoro era stata condannata da un giudice di Livorno per diffamazione a mezzo stampa. Le cose sembrano assumere un significato diverso in Francia, dove il corrispettivo della nostra Corte di Cassazione ha stabilito che Facebook non può essere assimilato a mezzo pubblico.
I giudici d’oltralpe sostengono che i post pubblicati in bacheca sono generalmente rivolti a un pubblico privato e ristretto a conoscenti e amici. È stata quindi assolta la donna che aveva augurato sul proprio profilo Facebook «lo sterminio di tutte le direttrici come la mia».