Sicurezza

La questione della privacy: da Google a Facebook

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La questione della privacy: da Google a Facebook

La questione della privacy: da Google a Facebook

Privacy, una tra le materie più controverse e dibattute nelle notizie informatica. Ultimo protagonista  il colosso di Mountain View. Il Cnil dà il suo avvallo ad azioni repressive contro Google.  L’autorità francese ha assunto, dallo scorso marzo, la delega da parte dell’Unione Europea per l’analisi delle nuove politiche di tutela della privacy di BigG.

L’accusa sarebbe di non aver fornito risposte alle richieste di modifica delle regole sulla tutela della privacy. «Al termine del periodo accordato a Google per mettersi in regola con le raccomandazioni – ha sostenuto il Cnil in una nota – dalla società non è giunta alcuna risposta». Da ciò ha origine la proposta UE, ossia «la creazione di un gruppo di lavoro, pilotato dal Cnil, per coordinare l’azione repressiva, che dovrà scattare prima dell’estate».

Una critica, quella mossa dall’UE, respinta la mittente da parte di Google che ribadisce l’impegno a rispettare le norme disposte dall’Europa, nonché una collaborazione attiva: «La nostra politica di riservatezza – ha dichiarato a France Presse un portavoce del gruppo – rispetta la legge europea e ci consente di offrire servizi più semplici e più efficaci. Siamo pienamente impegnati negli scambi con il Cnil e continueremo a collaborare».

Come avevamo accennato, la questione privacy è molto più ampia e potremo dire trasversale ai maggiori colossi della Rete. Sono, infatti, apparse poche settimane fa notizie relative all’altro grande operatore del Web, Facebook, e la recente acquisizione del servizio Instagram.

Ventilate ipotesi di vendita delle fotografie dell’app dedicata ai dispositivi mobili hanno subito messo in subbuglio la comunità con la fuga di tanti utenti preoccupati per la propria privacy. Ma il social network ha subito tranquillizzato gli animi sostenendo che «la nostra politica sulla privacy aggiornata aiuta Instagram a funzionare più facilmente all’interno di Facebook, essendo così in grado di condividere informazioni tra le due realtà. Questo significa che ci permette di fare alcune cose, come combattere lo spam in modo più efficace, rilevare problemi di affidabilità del sistema in modo più rapido e creare funzionalità migliori per gli utenti riuscendo a capire come Instagram viene utilizzato».

La privacy è un argomento molto più delicato di quanto non possa apparire a prima vista, e si sostanzia in un equilibrio fatto di dare e avere. Da una parte abbiamo il vantaggio della semplificazione presentata dai nuovi servizi, che trasportano sui server di grandi operatori internazionali i nostri dati (dalla posta elettronica ai social al cloud sharing). Dall’altra la cessione, più o meno parziale, della nostra libertà individuale (elemento pressoché inevitabile data la natura gratuita degli stessi servizi online). Messa così può sembrare quindi una scelta compiuta discrezionalmente dall’individuo, ma non è completamente vero neppure questo.

Quando un medium acquisisce un elevato grado di diffusione all’interno di una comunità, è quasi impossibile sfuggire ai suoi effetti. Presto o tardi saremo costretti a una mediazione, a un compromesso inevitabile. L’unica arma con cui combattere atti di prepotenza o sopraffazione è la propagazione di una consapevolezza collettiva. Gli utenti del Web ne sono (sarebbero) realmente capaci? O per essere più precisi, quanti dei milioni di user sono disposti a mettersi in discussione?  A voi l’ultima parola. 

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