Le battaglie legali, negli ultimi tempi, sono sempre al centro di grossi dibattiti, a volte mai conclusi. È il caso della famigerata guerra tra Apple e Fbi; ma non è la sola che ultimamente è al centro dell’attenzione.
Anche la guerra tra Microsoft e il Dipartimento di Giustizia americano è al centro di polveroni che sembrano non avere fine. Il tema è sempre lo stesso: la privacy. Qual è l’equilibrio più adatto da trovare tra il diritto alla privacy da una parte e la sicurezza nazionale e la lotta al terrorismo dall’altra?
Microsoft ha deciso di far causa al Dipartimento di Giustizia presentando un dossier e denunciando la frequenza con cui la polizia e le autorità giudiziarie vogliono impossessarsi dei nostri dati. Ma non solo: oltre a voler mettere le mani su mail e dati personali degli utenti vi è anche la richiesta, da parte di queste autorità, di tenere segrete queste manovre e rendendo quindi segreta la violazione della privacy.
Microsoft afferma che “gli utenti devono conoscere quando si vìola la loro privacy“. Il fascicolo presentato dalla grande potenza fondata da Bill Gates è ricco di numeri: sarebbe state ricevute infatti ben 5.624 richieste di accesso ai dati dei suoi utenti. Tutte richieste presentate dalle autorità federali, come l’FBI. Tra queste richieste circa la metà erano accompagnate da un’ulteriore richiesta: tenere all’oscuro l’utente della perquisizione digitale effettuata.
Le argomentazioni dei legali di Microsoft fanno leva su un parallelismo ben preciso: nel mondo fisico qualsiasi violazione della privacy è visibile ( ti accorgi di un’irruzione in casa) mentre in questi casi non avviene nessuna irruzione visibile e contestabile. Microsoft accusa le autorità di incostituzionalità: il cliente deve sapere se i suoi dati sono stati usati e consegnati alla polizia.
Con questa presa di posizione da parte di Microsoft si afferma ancora una volta la compattezza da parte delle grande aziende hi-tech.
Cambierà qualcosa grazie a questo ennesimo scontro con le autorità?