Grillo è un fenomeno politico nato sulla rete. Ha saputo, meglio di chiunque altro attore della vita pubblica, sfruttarne, e comprenderne, le logiche. Forse anche per questo chiunque cerchi di metterlo in discussione viene colpito da orde di supporter digitali. Ora, fin qui non ci sarebbe nulla di strano, in fondo ognuno è libero di sostenere chi vuole avversando fazioni opposte al proprio modo di pensare. Ma da qui alla pensante minaccia personale c’è un passo che, forse, sarebbe meglio non compiere.
È quanto capitato a Marco Camisani Calzolari, docente di comunicazione digitale alla IULM di Milano, che nelle scorse settimane ha pubblicato una discussa ricerca in cui evidenziava come buona parte dei follower su Twitter di importanti uomini politici, fra cui Beppe Grillo, non siano veri ma generati da sistemi automatici. Il che, detto per inciso, non dovrebbe poi sorprenderci molto, visto che la compravendita dei follower alimenta da tempo un florido mercato a cui si rivolgono politici e comuni utenti.
Ma tant’è che Grillo passa al contro attacco, con il suo post “Twitter e la macchina del fango”, mettendo in discussione la fondatezza dell’analisi di Calzolari e il “vergognoso” riverbero mediatico che ha avuto la vicenda. Sostenendo che i media tradizionali non hanno il ruolo di informare “ma influenzare”. E su quest’ultima affermazione, credo, siamo tutti concordi, sebbene anche Internet non sfugga alla logica dell’influenza retorica.
Il punto vero, però, è un altro e riguarda le reazioni estremiste di certi utenti. Camisani Calzolari si è visto recapitare pesanti minacce a lui e alla sua famiglia, insieme a email il cui si cerca di comprendere il domicilio e, successivamente, altre con dati personali suoi e della sua famiglia. Perché? Marco Camisani Calzolari ha infangato il nome di Grillo oltre ad aver partecipato alla realizzazione del sito Forza Silvio. A cui, in realtà, Calzolari ha solo fornito il software per la gestione della piattaforma attraverso una delle sue società.
Qui non è una questione politica ma di senso civico. Non è possibile mettere alla berlina una persona solo perché pubblica una ricerca o collabora alla realizzazione di un portale politico. Se il web avesse voluto mostrare la propria superiorità avrebbe dovuto smontare con argomenti puntuali l’analisi di Calzolari e, in ogni caso, senza mai permettersi la forzatura della minaccia. Una dimostrazione che anche nella Rete cresce l’estremismo, l’essere “tifoso di” piuttosto che soggetto pensante. Facile, anche troppo perché basta un click.